Latina / Maurizio Zuppardo e la farsa in diretta su TikTok: chiama i Carabinieri per stanare una presunta denunciante

LATINA – Non accenna a placarsi l’atteggiamento provocatorio e irresponsabile di Maurizio Zuppardo, ex collaboratore di giustizia, oggi protagonista di una discutibile celebrità social costruita sulle dirette di TikTok. Una decina di giorni fa, sabato 26 aprile, Zuppardo si è reso protagonista di un episodio tanto grottesco quanto preoccupante: in diretta streaming, davanti a una cinquantina di spettatori, ha contattato telefonicamente il Comando stazione dei Carabinieri di Terracina fingendosi un’altra persona, allo scopo di verificare se una donna, con la quale aveva avuto un’accesa discussione proprio sui social, si fosse effettivamente recata in caserma per denunciarlo.

La chiamata, effettuata tramite l’assistente vocale del suo smartphone, è avvenuta in modo plateale, con Zuppardo che, con tono ironico e sguardo compiaciuto, ha messo in scena una vera e propria farsa. Al militare che ha risposto al telefono, si è qualificato come “Franco Morelli”, nome totalmente inventato, dichiarando di essere un presunto assistito della donna in questione, la quale – ha sostenuto – avrebbe dimenticato dei documenti nel suo studio. Ha quindi offerto la possibilità di trasmetterli via PEC, tentando così di carpire informazioni sull’eventuale presenza della donna in caserma.

Il gesto, trasmesso pubblicamente e registrato da più utenti, potrebbe configurare diverse ipotesi di reato: dalla dichiarazione di false generalità alla sostituzione di persona, fino alla beffa ai danni di pubblici ufficiali. Ancora più grave, però, è il contesto in cui tutto questo avviene: Zuppardo, già escluso dal programma di protezione per la sua condotta, continua ad alimentare una narrazione distorta in cui l’ex pentito si reinventa influencer, coltivando consensi tra seguaci che ne assecondano atteggiamenti eclatanti e linguaggi volgari, spesso al limite della legalità.

Il caso riaccende i riflettori sul delicato equilibrio tra diritto all’informazione e uso distorto delle piattaforme social, e soprattutto sulla gestione di figure che, dopo essere uscite dal circuito della giustizia collaborativa, scelgono di cavalcare la notorietà a scapito del rispetto per le istituzioni.

Zuppardo, che in passato aveva offerto un contributo alle indagini contro la criminalità organizzata, sembra oggi più interessato a rincorrere like e visualizzazioni che a mantenere una condotta rispettosa della legge. E mentre lo Stato ha già revocato ogni forma di tutela nei suoi confronti, resta da capire fino a che punto l’impunità digitale possa permettergli di continuare a farsi beffe dell’ordine pubblico in diretta nazionale.

Chi vigila sui vigilati? È questa la domanda che molti si pongono di fronte all’ennesimo episodio di abuso dei social da parte di chi, un tempo, era stato accolto nel programma di protezione come testimone chiave nella lotta alla mafia. Una domanda che, ora più che mai, merita risposte urgenti.