Giornata di sciopero dei giornalisti, contratto scaduto da 10 anni

Oggi, venerdì 28 novembre 2025, i giornalisti italiani sono in sciopero per 24 ore. La mobilitazione, promossa dalla Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi), coinvolge professionisti di quotidiani, periodici, agenzie di stampa, testate online, radio e televisioni, con l’obiettivo di accendere un faro sulla crisi strutturale che attraversa il settore dell’informazione. L’astensione dal lavoro è iniziata alle 6:00 — alle 5:30 per la RAI — e durerà fino alla mattina di domani, in concomitanza con altre proteste nazionali che riguardano diversi comparti del mondo del lavoro.
Le ragioni della protesta sono molteplici e affondano le radici in un problema rimasto irrisolto per oltre un decennio: il contratto collettivo nazionale Fnsi–Fieg è scaduto nel 2016 e da allora non è mai stato rinnovato. In questi anni il settore editoriale ha affrontato trasformazioni epocali: tagli agli organici, redazioni ridimensionate, crescente ricorso a collaboratori esterni spesso precari e mal retribuiti, un peggioramento della qualità del lavoro e un’erodizione del potere d’acquisto degli stipendi, stimata intorno al 20%. Tutto ciò ha contribuito a rendere il mestiere sempre più fragile, pur restando una funzione cruciale per la tenuta democratica del Paese.
Il sindacato non chiede soltanto aumenti salariali: al centro dello sciopero ci sono tutele per i collaboratori e i freelance, regole chiare sull’uso dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, equo compenso per i contenuti digitali, investimenti che garantiscano pluralismo e indipendenza. È una battaglia che riguarda tanto il presente quanto il futuro del giornalismo italiano.
Per comprendere appieno questa mobilitazione serve uno sguardo più ampio, storico. Negli ultimi trent’anni l’editoria italiana ha vissuto un progressivo processo di concentrazione: pochi grandi gruppi hanno acquisito un peso crescente, mentre la sostenibilità economica dei giornali si indeboliva. Dagli anni ’90 in poi, infatti, il modello tradizionale fondato sulla vendita delle copie e sulla pubblicità ha iniziato a perdere solidità, colpito dapprima dall’avvento di internet, poi dall’esplosione dei social network e infine dalla competizione globale delle piattaforme digitali.
A partire dagli anni 2000, molti quotidiani e periodici hanno tagliato posti di lavoro e ridotto drasticamente gli organici. La figura del giornalista dipendente a tempo indeterminato è diventata più rara, mentre quella del collaboratore esterno — pagato a pezzo, spesso senza tutele e con compensi insufficienti — è diventata sempre più comune. Questa trasformazione ha modificato il modo stesso in cui le notizie vengono prodotte: meno stabilità significa meno tempo per approfondire, verificare, contestualizzare.
Nel frattempo, i social media hanno cambiato il rapporto tra cittadini e informazione. Le notizie “garantite” dei media tradizionali competono con un flusso incontrollato di contenuti, opinioni, manipolazioni e fake news. Il ruolo del giornalista si è fatto ancora più complesso: non solo raccontare, ma filtrare, certificare, rendere chiara una realtà sempre più tumultuosa.
Gli ultimi dieci anni hanno aggiunto un’ulteriore sfida: l’intelligenza artificiale generativa, capace di produrre testi, immagini e video in pochi secondi. Senza norme chiare, il rischio è che l’IA venga utilizzata per sostituire professionisti senza garantire qualità, trasparenza o responsabilità editoriale. Per questo la regolamentazione dell’IA è oggi uno dei nodi centrali della trattativa.
Lo sciopero di oggi ha un impatto evidente sul pubblico: giornali che non escono o pubblicano edizioni ridotte, testate online che rallentano gli aggiornamenti, programmi radiofonici e televisivi sospesi o modificati, soprattutto nella fascia dell’informazione. È un modo per rendere tangibile il contributo dei giornalisti al funzionamento della società: quando si fermano, l’intero sistema informativo si accorge di quanto la loro presenza sia indispensabile.
La mobilitazione non è una battaglia corporativa: riguarda il diritto dei cittadini a ricevere un’informazione libera, pluralista, verificata e indipendente. In un’epoca di sovraccarico informativo, manipolazioni, propaganda digitale e algoritmi che condizionano ciò che vediamo, il lavoro dei giornalisti è più importante che mai. Ma senza tutele, senza stabilità, senza un contratto al passo con i tempi, rischia di indebolirsi proprio uno dei pilastri della democrazia.
Lo sciopero di oggi vuole ricordare questo: un giornalismo forte, professionale e rispettato non è un lusso, ma una necessità. Difenderlo significa difendere la qualità del dibattito pubblico e, con esso, la salute della democrazia stessa.