Massimo Santarelli, il ricordo a 23 anni dalla scomparsa

Di figli, bellissimi, ne ha avuti due: Luigi e Marta. Giornalisticamente siamo un po’ tutti figli suoi che, crescendo per questo affascinante mestiere (il più bello del mondo), gli abbiamo procurato gli immancabili dolori ma anche (pensiamo) qualche gioia. Se il territorio pontino nella sua complessità è cresciuto nel corso degli ultimi tre decenni qualche doveroso merito deve essere attribuito a Massimo Santarelli, il responsabile delle pagine provinciali del quotidiano Latina Oggi di cui si ricordano in questi giorni i primi 23 dolorosi anni dalla sua prematura scomparsa. Massimo se n’è andato in silenzio – un aspetto tipico della sua indole – dopo tre giorni di agonia (in seguito ad un’emorragia celebrale) il 27 novembre del 2002, aveva soltanto 39 anni (era nato il 16 giugno 1963) ma giornalisticamente ne mostrava il doppio per bravura, esperienza e, perché no, stile. Era abruzzese, originario di un piccolissimo paese nel versante teramano del Gran Sasso, in provincia di Teramo, Montorio al Vomano e questa provenienza ha segnato molto nella sua formazione professionale: anche i centri più minuscoli e lontani da una città capoluogo di una provincia devono contare ogni giorno a livello informativo. E così è stato. Il suo apprendistato, durante il corso di laurea in lingua straniera all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara, l’ha effettuato prima in quella significativa scuola di vita che è stato ed è il quotidiano locale “Il Centro” e poi nella redazione di Pescara de “Il Messaggero”.

Massimo era bravo e lo capirono ben presto quei maestri che contribuirono nell’ottobre 1988 alla nascita del quotidiano “Latina Oggi”, su tutti Paolo Brunori e Luigi Cardarelli. Il suo trasferimento dall’altra parte dell’Appennino fu determinante per il successo di quella rivoluzionaria iniziativa editoriale. Santarelli ebbe un’intuizione: bisogna essere “partigiani ed innamorati” del proprio territorio, anche dell’area più lontana (sul piano geografico e culturale) dal capoluogo Latina. Un progetto innovativo sotto ogni punto di vista che convinse anche un editore sui generis qual è stato Giuseppe Ciarrapico. Nei confronti di quel caposervizio di assoluta ed indomita fede laziale l’imprenditore romano (ed presidente della Roma) nutriva un assoluto rispetto e stima relativamente alla necessità di conservare (da parte della redazione) un’inderogabile autonomia, anche nei confronti della politica, e di rivendicare e formalizzare – quando era il caso – le legittime istanze di natura sindacale ed economica. Per questo Massimo Santarelli è stato un giornalista oltremodo generoso: ha favorito moltissimi giovani cronisti della provincia di Latina ad avvicinarsi alla professione e, quando poteva, sosteneva la loro crescita professionale e contrattuale. Con alcuni di loro il rapporto di lavoro non poteva non trasformarsi in una genuina amicizia coltivata nelle rispettive famiglie (che nel frattempo si andavano formando) o praticando le medesime passioni: il mare di Roseto o di Formia, la musica e i concerti di suoi amici come Francesco Guccini di Roberto Vecchioni e soprattutto quella fede calcistica che Massimo aveva ereditato da papà Walter, la Lazio.

Massimo Santarelli, al di là di una facile apparenza derivante dall’essere un abruzzese tosto e montanaro, aveva una profonda e qualificata sensibilità d’animo oltre ad una generosità che si tradusse nell’espianto e nella donazione dei suoi organi. Chi scrive l’ha visto commuoversi in rare circostanze, forse tranne in una. Era domenica 14 maggio 2000, l’incontro di Perugia con la Juventus dopo il gol determinante di Calori terminò un’ora più tardi a causa di un acquazzone e la Lazio, battendo la Reggina, vinse per la seconda volta lo scudetto. Nella tribuna stampa dello stadio Olimpico piangemmo tutti come quei bambini che non vogliono andare la mattina all’asilo, il sottoscritto, Paoletto Sarandrea, Gianluca Atlante e, appunto, Massimo Santarelli.

Vinceva la Lazio ma si affermava anche un gruppo di amici veri legati da una grande passione, quella dell’informazione. La vita – secondo una logica eraclitea – ti porta dove non avresti mai voluto immaginare ma, forse, è anche giusto così. Molti hanno pianto in quel grigio e marmoreo obitorio dell’Icot di Roma ed il giorno dopo in occasione dei funerali presso la collegiata di san Rocco nella sua nebbiosa e fredda Montorio. Da quel momento il mondo dell’informazione della provincia di Latina ha commesso un gratuito ed ingiustificato errore di dimenticare (fortunatamente con qualche eccezione) quel professionista abruzzese che ha dato invece tanto alla crescita del giornalismo pontino e, in particolare, dei comuni e centri più lontani da Latina. Lo dobbiamo a posteriori a sua moglie Sandra Di Eleuterio, ai figli Marta e Luigi, a mamma Olga e ai fratelli Luigi (architetto) e Daniela (insegnante di economia aziendale) che, nonostante lo scorrere del tempo, continuiamo a voler bene.

Il percorso professionale portò Massimo a firmare servizi giornalistici per il Tg5 di Mediaset, a diventare corrispondente per la provincia di Latina del Corriere della Sera e del supplemento settimanale “Io donna”. Non disdegnava la cronaca rosa ma era imbattibile nella “nera”. Se ne accorse Carlo Lucarelli che lo volle al suo fianco nei programmi televisivi di Rai 3 “Blu notte” e “Misteri italiani”. E quanti inquirenti e Pm pontini si rivolsero a lui per il “Delitto di Cori” in cui vennero massacrati a coltellate i fidanzatini Patrizio Bovi ed Elisa Marafini o per l’omicidio dell’avvocato terracinese Francesco Mosa, per il quale risultò indagato Mauro Chiostri, ex campione olimpionico di canoa, poi scagionato. Massimo Santarelli, poi, era impegnato anche nel campo sindacale: non solo ascoltatissimo componente del comitato di redazione a Latina Oggi ma anche capace di conquistare sul campo incarichi alla Federazione nazionale della stampa dove ha affiancato Franco Siddi (già Segretario nazionale della Fnsi e poi componente del consiglio di amministrazione della Rai), presso l’Ordine Nazionale della Stampa e l’associazione Stampa Romana. Di Massimo ricordiamo una considerazione, poi diventata il suo testamento morale e professionale: “La stampa ha il dovere storico di informare la gente, correttamente, attraverso il rispetto di quelle norme di deontologia professionale che la legge impone e attraverso quelle regole che la stessa categoria si è imposta”. Si tratta di un tema attualissimo nell’epoca delle fake news, del giornalismo copia e incolla e dell’affannosa conquista dei like sui social. Mica poco.