LATINA – Il decreto del Ministero della salute risale al 17 giugno 2024, ma la sostensione dei medici ed infermieri “gettonisti” avverrà solo a partire dal prossimo 31 luglio. Le Asl, dunque, hanno avuto oltre un anno di tempo per adeguarsi e trovare soluzioni alternative alla carenza di personale. Dai dati finora disponibili sono oltre mille i “turnisti” nel Lazio, ripartiti a metà tra medici ed infermieri. Curiosamente nei dati forniti dall’assessore Maselli ad una interrogazione in consiglio regionale, sono ricompresi i dati di tutte le asl regionali, tranne, per i medici, di quelle delle province di Latina e di Rieti. Per gli infermieri invece nella provincia di Latina ci sarebbero solo 5 “turnisti”. Di seguito una nota ufficiale del sindacato Cisl medici Lazio.
“Senza un intervento deciso, la sanità pubblica continuerà a perdere pezzi. E saranno, come sempre, i cittadini soprattutto quelli delle periferie a pagarne il prezzo più alto”, Afferma Lucilla Boschero, segretaria della Cisl medici Lazio, all’indomani della decisione della Regione Lazio di dire basta ai “gettonisti” e contrastare la carenza di medici e dirigenti sanitari nelle ASL attraverso l’indizione di nuovi concorsi pubblici.
“Sosteniamo la Regione Lazio in questa scelta, ma al tempo stesso dobbiamo constatare con preoccupazione che, nonostante i bandi, interi reparti – soprattutto nelle aree periferiche – restano vuoti. I medici, semplicemente, non partecipano più ai concorsi”.
Il motivo? “Il Servizio Sanitario Nazionale ha perso attrattività – aggiunge Boschero – I professionisti fuggono all’estero – dove trovano migliori retribuzioni e tutele legali – oppure migrano verso il privato o altri enti, lasciando sguarnita la sanità pubblica, in particolare nei territori più fragili”. A proposito di tutele legali, è bene ricordare che la responsabilità per colpa grave è prevista solo in Italia e in Polonia.
Una situazione che si è affrontata, finora, attraverso l’uso massiccio di medici a gettone o con Contratti libero professionali (CLP). “Colleghi pagati a turno, con compensi nettamente superiori a quelli dei dipendenti strutturati, e senza gli stessi vincoli, doveri o responsabilità – dice ancora la segretaria – È inaccettabile che due medici che lavorano nello stesso reparto abbiano condizioni economiche e contrattuali profondamente diverse. Mentre i dipendenti affrontano carichi pesanti, turni gravosi e responsabilità continue, i medici a gettone sono pagati per ‘coprire il turno’, spesso senza reale presa in carico del paziente. Un sistema che purtroppo è sfuggito di mano”.
Cosa fare? “Non si può continuare a vivere alla giornata in attesa che “qualcosa cambi”, mentre la sanità pubblica si regge su soluzioni temporanee e diseguali. Occorre agire con urgenza: rivedere le regole di ingaggio, assicurando che siano uguali per tutti e cioè stesso lavoro, stessi diritti e doveri”.
La proposta? “Ridistribuire parte delle risorse spese per i gettonisti sul personale strutturato, valorizzandolo economicamente e professionalmente. Ripensare radicalmente l’organizzazione sanitaria, a partire dalle aree periferiche, dove l’assenza di medici è diventata emergenza strutturale. Servono misure forti, coraggiose e strutturali per ridare dignità e stabilità alla professione medica nel Servizio sanitario nazionale”.
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