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Rosinella, affondamento causato dall’improvvisa rottura di un manicotto del motore

GAETA – Una serie di negligenze gestionali avrebbe provocato la tragedia del “Rosinella”, il peschereccio partito dal porto di Formia e affondato il 19 aprile nel tratto di mare antistante il litorale di Baia Domizia ad otto miglia a sud-est di Punta Stendardo. Lo si evince dalle prime risultanze investigative trasmesse al Sostituito procuratore della Repubblica di Cassino Marina Marra dopo il recupero il 19 ottobre scorso della motobarca e del suo comandante Giulio Oliviero, di 44 anni, di Ercolano.

ispezione-peschereccio-rosinella5Si è appresso che la barca era stata sottoposta al collaudo tecnico del Rina, il registro italiano navale,nell’ottobre 2015 a Portici ma, alcuni giorni più tardi, il suo motore, ormai obsoleto, era stato rifatto, potenziato, presso un cantiere di Terracina contrariamente a quanto prevede la severa normativa sulla sicurezza della navigazione. Gli accertamenti hanno stabilito, inoltre, che l’incidente sarebbe stato causato dall’improvvisa rottura di un manicotto del motore che in pochi secondi ha riempito d’acqua la sala macchina dell’imbarcazione sino a provocarne il suo fulmineo ed inevitabile inabissamento, a 65 metri di profondità.

Le verifiche disposte dalla Procura di Cassino ed eseguite dai suoi consulenti di fiducia e dalla sezione di Polizia Giudiziaria della Guardia Costiera di Gaeta avrebbero accertato altre inquietanti anomalie, sempre se venissero confermate. Il piano di sicurezza del “Rosinella” sarebbe stato trovato contraffatto, per certi versi clonato, l’Epirb – un sorta di sonar che si attiva a contatto con l’acqua – non sarebbe stato azionato. E, invece, avrebbe potuto offrire in tempo ai soccorritori e alle autorità competenti il luogo esatto in cui la paranza aveva avuto, nottetempo, quell’incredibile incidente. E, infine, la zattera di salvataggio è stata trovata legata con una fune a bordo del “Rosinella”.

Il comandante Oliviero temeva il suo furto nel porto di Formia nei giorni precedenti la tragedia. E in-vece avrebbe potuto salvare la sua vita e quella degli altri due membri dell’equipaggio, padre e figlio, entrambi tunisini, che erano con lui e i primi – a quanto pare – a cercare di mettersi in salvo, gettandosi in acqua. Il comandante Oliviero, invece, si è confermato un vero uomo di mare: non ha voluto abbandonare il “Rosinella”, quasi per sfidare la fatalità. Il suo cadavere – come si ricorderà – era con-fuso nelle reti, in una botola trasformata in un ripostiglio sotto il letto in cui aveva dormito sino a qualche minuto prima. Perché si è recato in quel luogo anonimo dell’imbarcazione con i soli slip? Sperava di trovare rifugio, salvezza, in un deposito considerato ovattato dalla furia del mare? Chissà. La sua agonia invece è durata pochi minuti ma a dirlo sarà nei prossimi giorni l’esito dell’autopsia di-sposta dalla Procura di Cassino.

Saverio Forte

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