FORMIA – È stato un day after complicato quello vissuto martedì dalla maggioranza di centro destra che sostiene il sindaco di Formia Gianluca Taddeo. La chat della coalizione non ha veicolato – o almeno – nessun messaggio di commento, di sdegno o di disapprovazione all’indomani della messa in onda della seguitissima trasmissione televisiva d’inchiesta “100 Minuti” che lunedì in prima serata su La 7 ha rilanciato una notizia che va dicendo in giro un amico di famiglia di Ernesto Bardellino, l’ex commerciante di bestiami Giuseppe Favoccia: uno fondatori del clan dei Calesi, Antonio Bardellino, ucciso – secondo alcuni collaboratori di giustizia nel 1988 in Brasile per ora del suo guardaspalle Mario Iovine – non sarebbe morto di cancro 30 anni dopo ma sarebbe ancora vivo come lo è stato sino a due anni, dopo anni di latitanza, Matteo Messina Denaro. Lo ha detto testualmente lo stesso Favoccia al collega giornalista autore dell’inchiesta, Andrea Palladino, in una sequenza video che, da sola, rappresenta il peana attorno al quale, probabilmente ruotano i molti guai della città di Formia da oltre 40 anni: “Ti fai i c… tuoi?! Sei capace? – sussurra Giuseppe Favoccia al giornalista, pensando di non essere registrato – Antonio è vivo”.
La chat della maggioranza è rimasta in silenzio sui devastanti effetti di questa inchiesta non tanto sulla circostanza che uno dei tre fratelli Bardellino sia vivo o meno quanto per i rapporti che hanno intrattenuto, per ragioni squisitamente professionali, alcuni autorevolissimi rappresentanti della maggioranza formiana con l’ex sindaco socialista di San Cipriano d’Aversa o con i suoi figli. Il cerino, acceso, di questa storia – esclusa la gioiosa parentesi di martedì legata allo storico e primo conferimento della Bandiera blu alla città – ora sembra essere finito nella mani del sindaco Taddeo. Ha ricordato molto il compianto Senatore Michele Forte che il 20 luglio 1992 in pieno consiglio comunale venne sospeso per ordine dell’allora sostituto procuratore Pietro Allotta dall’incarico di sindaco prendendosi gli interessi in una delle tante sentenze di assoluzioni presso il Tribunale di Latina. L’attuale sindaco di Formia, a prescindere dal destino di Antonio Bardellino, è stato commissariato da una trasmissione televisiva che, ottimamente ben fatta, non ha sufficientemente evidenziato come Formia sia ben altro e non solo la città in cui lo stesso Stato ha inviato, dopo la guerra persa di camorra, una famiglia con un cognome pesante.
Nelle prossime ore il sindaco Taddeo deve saper giustificare, in qualità di primo cittadino, i sorrisi maliziosi del suo vice sindaco (e portavoce cittadino di Fratelli d’Italia) Giovanni Valerio alle precise domande di Palladino o alle sue impacciate conferme di essere amico di un imprenditore che dall’estate 2023 è indagato per il tentativo omicidio di Gustavo Bardellino, uno dei nipoti di Ernesto. Il futuro politico di quest’amministrazione non dipenderà dall’esistenza o meno di vita di Antonio Bardellino o se questi sia deceduto per un cancro nel 2018, a 30 anni dal presunto omicidio in Brasile. Il capo dell’amministrazione, a nome suo e dei suoi più stretti assessori, deve chiarire i rapporti sollevati da Palladino su La 7 con una certa imprenditoria e se il comune non sia stato prigioniero di alcuni condizionamenti che dopo i clamorosi arresti hanno provocato lo scioglimento per mafia, per esempio, del consiglio comunale di Aprilia. Un chiarimento, documentale, il sindaco potrebbe apportarlo su una vicenda di cui si stata occupando da anni l’ex sindaco Paola Villa: la mancata assegnazione operativa alla Guardia di Finanza di alcuni immobili sequestrati prima e confiscati poi alla famiglia in località Vindicio
I prossimi potrebbero essere giorni determinanti e caldi sul piano politico ed amministrativo. Se pochi giurano che i “100 minuti” di Palladino possano essere al vaglio del consiglio comunale convocato per giovedì pomeriggio per l’approvazione del conto consuntivo – le minoranze si sono preoccupatamente atomizzate per inutili rivalse epidermiche – il docufilm di Palladino potrebbe essere rivisto dai vertici della Prefettura di Latina (ha il potere amministrativo, a prescindere dello svolgimento di un’inchiesta penale) o dal nuovo procuratore capo di Cassino Carlo Fucci. L’inchiesta ha evidenziato, da una prima e sommaria considerazione, come davanti a questo stato di cose Formia sia stata lasciata sola al suo destino, abbandonata da due Procure (Latina e Cassino) e dalle stesse forze di polizia che, in termini numerici, sono presenti in città. Ha esagerato, forse, Palladino dipingendo una città rassegnata, quasi costretta a convivere con una cappa, la camorra, in grado di muovere – come ha dichiarato l’ex sindaco Paola Villa – in ogni qualsivoglia appuntamento elettorale amministrativo “circa 4000 voti”.
La chat della maggioranza su questa vicenda non potrà rimanere muta perché il silenzio ha un effetto appagante per qualche giorno. E poi? La Bandiera blu deve diventare sinonimo di accoglienza turistica ed è difficile pensare che, dopo quanto avvenuto a Fondi nel 2010 con l’operazione Damasco, questo vessillo accompagni qualche selfie da veicolare sui social, più o meno istituzionali. L’inchiesta di Palladino un effetto forse lo provocherà nell’immediatezza. Non è da escludere che Giuseppe Favoccia venga invitato a ripetere a verbale l’affermazione secondo la quale Antonio Bardellino sia ancora vivo e vegeto. Ma anche questo cambierebbe di poco il cliché: l’autotrasportatore di 74 anni questa affermazione l’ha già fatta più volte, anzi sono dieci anni che continua a ripeterla. La prima volta accadde ad agosto del 2015 davanti alla polizia di Formia, dove Giuseppe Favoccia fu convocato perché gli fosse notificata l’apertura di un fascicolo inerente la creazione di un’associazione di protezione civile nella quale i due primi associati (e ancora unici in quel momento) erano lui ed Ernesto Bardellino, fratello di Antonio. La stessa associazione di volontariato, nata da poco, aveva presentato al Comune di Formia una istanza per accedere ai finanziamenti per le iniziative di volontariato, appunto. L’allora sindaco, Sandro Bartolomeo presentò un esposto al Commissariato di Formia chiedendo un approfondimento poiché accogliere la richiesta di contributo avrebbe significato, di fatto, creare le condizioni per cui Ernesto Bardellino avrebbe potuto avere soldi pubblici.
Ad ogni modo Favoccia in quella circostanza disse alla polizia che il boss era vivo e che lui lo aveva incontrato a New York insieme ai familiari del fratello Ernesto, che lui stesso aveva accompagnato in giro per la città. Non accadde nulla allora e nemmeno negli anni a seguire. Fino all’estate del 2023, quando Giuseppe Favoccia viene arrestato per porto abusivo di una pistola con matricola abrasa e inserito nel fascicolo di indagine sull’agguato a Gustavo Bardellino avvenuto a Formia nella concessionaria Buonerba oltre un anno prima, a febbraio 2022. Negli atti emerse un ruolo inusitato di Favoccia e quella sua dichiarazione rimasta sepolta, che però si incastra con il ritrovamento del piccolo bunker nella villetta di Acquatraversa appartenuta alla moglie di Antonio Bardellino. Da allora l’autotrasportatore si è spaventato, è stato male, ha ritrattato, ha detto che stava scherzando, che in realtà lui è solo un guascone e parla in quel modo tanto per fare scherzi a chi ci casca e che se lo può permettere perché un amico di famiglia, soprattutto di Ernesto che ha definito Giuseppe Favoccia non un bugiardo ma un “mentecatto”.
Qualcosa di più si potrà superare lunedì 19 maggio quando Favoccia comparirà davanti al collegio penale del Tribunale di Cassino quando inizierà quello che per ora è l’unico processo scaturito dalla maxi perquisizione del luglio del 2023: il porto di arma, la pistola con matricola abrasa trovata a casa di Favoccia all’alba del 26 luglio 2023. Come si ricorderà a dichiararsi incompetente a giudicare l’anziano commerciante di bestiame era stato il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Cristina Malvagni. Il reato per il quale è stato rinviato a giudizio Favoccia il 26 settembre 2023 – porto abusivo di arma da fuoco per l’appunto – non è di competenza del giudice monocratico ma del Tribunale collegiale. E così che l’istanza della dottoressa Malvagni, condivisa dal legale di Favoccia, l’avvocato Michelangelo Fiorentino, è stata trasmessa al presidente della sezione penale del Tribunale di Cassino Claudio Marcopido che, in vista della ripresa del dibattimento il prossimo 19 maggio, deve definire ora la composizione del collegio giudicante. Favoccia si è sempre difeso affermando come la pistola sequestrata dal commissariato di Formia avesse una calibro diverso da quella utilizzata per il tentativo di omicidio Bardellino junior. Per questo episodio, ancora tutto da chiarire, sono indagati l’imprenditore Luigi Diana e Giovanni Lubello, l’ex genero del boss Francesco Bidognetti. Potrebbe conoscere nuovi risvolti alla luce delle dichiarazioni che sta rilasciando da settimane l’altro genero di uno dei fondatori del clan dei Casalesi, l’ex marito della secondogenita di “Cicciott e mezzanotte”, Teresa Bidognetti.
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