APRILIA – È scontro aperto tra l’associazione sportiva dilettantistica Aprilia Rugby e il Comune di Aprilia. Nelle scorse settimane, l’ente ha notificato alla società la revoca della concessione per l’utilizzo del campo “Rodari” di via della Meccanica, adducendo un debito di circa 7.600 euro per canoni non pagati. Ma l’associazione, colpita a sorpresa da questo sfratto, replica con forza: “Non solo contestiamo l’importo, ma siamo noi a vantare crediti verso l’amministrazione per interventi di manutenzione straordinaria mai riconosciuti”.
La vicenda
La rottura definitiva è arrivata con una determinazione del Settore Lavori Pubblici, datata 5 maggio, che ha formalizzato il recesso della concessione per morosità. Secondo gli uffici comunali, la società avrebbe accumulato un debito di circa 7.600 euro, maturato tra il 2023 e l’inizio del 2025, derivante dal mancato pagamento di canoni di concessione per l’utilizzo dell’impianto sportivo.
L’Aprilia Rugby ribatte con una lunga e accorata lettera aperta, nella quale definisce lo sfratto “inopinato ed incomprensibile” e parla di un presunto debito “falso e infondato”. Secondo la società, esisterebbe infatti un accordo verbale con l’amministrazione per dimezzare il canone di affitto in attesa della messa in sicurezza del campo secondo le prescrizioni federali (come il famoso muro perimetrale mai realizzato). In base a questa intesa, il debito reale ammonterebbe a meno di 4.000 euro, cifra che la società avrebbe già iniziato a saldare.
“Non siamo morosi, siamo creditori”
Ma c’è di più. L’Aprilia Rugby sostiene di aver effettuato, a proprie spese, numerosi interventi di manutenzione straordinaria, come l’inerbimento del campo e la realizzazione di un impianto di irrigazione, per un valore complessivo di circa 30.000 euro. “Secondo il contratto di concessione – scrive l’associazione – queste spese dovevano essere a carico dell’amministrazione comunale, ma non sono mai state rimborsate. Per questo motivo, in realtà siamo noi ad essere creditori”.
Non si tratta solo di una questione di numeri. Il campo “Rodari”, spiegano i dirigenti della società, non è solo un luogo di sport, ma anche di aggregazione sociale e sostegno alle famiglie: “Qui si allena un vivaio di ragazzi e ragazze dai 5 ai 17 anni, oltre a una squadra femminile e a gruppi di atleti diversamente abili. Chiudere questo campo significa colpire il cuore pulsante della comunità”.
Una decisione calata dall’alto?
La situazione appare ancora più delicata se si considera il contesto amministrativo. Dal 18 aprile scorso, Aprilia è commissariata per mafia e guidata da un triumvirato di funzionari nominati dalla Prefettura. L’associazione denuncia di non aver mai ricevuto un confronto diretto con i commissari, nonostante le numerose richieste di chiarimento inviate già a gennaio. “Ci hanno comunicato lo sfratto via PEC, senza darci la possibilità di spiegare la situazione né di trovare una soluzione condivisa”, lamentano i dirigenti.
Il ruolo sociale del rugby
Dietro la polemica burocratica, la questione è anche culturale e sociale. “Non sappiamo quale sport praticano coloro che hanno firmato lo sfratto – si legge nella lettera – ma il rugby è più di una disciplina: è un percorso educativo, è rispetto delle regole, è comunità. Siamo una società dilettantistica e nessuno di noi percepisce reddito: anzi, spesso ci rimettiamo di tasca nostra. Chiudere il campo significa colpire le famiglie, i bambini, le persone fragili che qui trovano uno spazio di inclusione”.
L’associazione teme inoltre che lo sfratto possa avere ripercussioni negative sul tessuto sociale, trasformando un luogo di sport e di aggregazione in uno spazio abbandonato e a rischio di degrado.
Cosa accadrà ora?
Aprilia Rugby ha annunciato di voler fare tutto il possibile per difendere il diritto dei ragazzi e delle famiglie a praticare sport in sicurezza e ha chiesto un incontro urgente con i commissari per chiarire la questione. “Confidiamo in una rielaborazione del quadro completo che tenga conto di tutti gli elementi e non solo di una parte”, si legge nella lettera.
Al momento, non è chiaro se l’amministrazione intenda riaprire il dialogo o mantenere ferma la revoca della concessione. Di certo, la vicenda ha acceso i riflettori su una situazione più ampia: quella di un’associazione che rivendica il proprio ruolo sociale e chiede di essere ascoltata, e di un Comune che, stretto tra conti da far quadrare e una difficile gestione commissariale, rischia di trasformare una questione amministrativa in una frattura profonda con la cittadinanza.