ROMA – Un’organizzazione criminale ben strutturata, con basi operative nei quartieri Casal Boccone e Fonte Meravigliosa, è finita al centro di una maxi inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma. Su delega della DDA, i finanzieri del Comando Provinciale di Roma – in particolare il G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone: 13 sono finite in carcere, 3 agli arresti domiciliari. L’accusa principale è associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, ma l’elenco dei reati è lungo: detenzione illecita di armi, rapina, ricettazione e riciclaggio.
Il gruppo, composto in prevalenza da soggetti di origine marocchina, avrebbe importato in Italia oltre 1,4 tonnellate di hashish e marijuana, sfruttando una rete ben oliata tra Marocco, Spagna e Roma. Le sostanze viaggiavano su gomma, nascoste in mezzi dotati di sofisticati doppifondi. In Italia, la droga veniva stoccata e poi smistata all’ingrosso a trafficanti locali attivi nei quartieri Castel Romano e Alessandrino, per poi raggiungere diverse piazze di spaccio, tra cui Don Bosco, Pigneto, Spinaceto e Capannelle, oltre che numerosi centri nelle province di Roma e Latina.
Il sodalizio operava secondo uno schema gerarchico ben definito. Ogni affiliato aveva un ruolo preciso: c’era chi curava i rapporti con i fornitori internazionali, chi si occupava del trasporto e dello stoccaggio, chi della distribuzione e del recupero dei crediti. L’organizzazione disponeva persino di una “cassa comune”, usata per pagare stipendi, sostenere le spese legali degli arrestati e fornire assistenza economica ai familiari in caso di detenzione. Le comunicazioni interne erano protette da dispositivi criptati.
Durante le indagini, i finanzieri hanno sequestrato oltre 660 kg di hashish e più di 50 kg di marijuana. Due soggetti sono stati arrestati in flagranza di reato.
Ma l’aspetto più inquietante dell’operazione riguarda il coinvolgimento di alcuni appartenenti alla Polizia di Stato. Tra questi, un vice ispettore in servizio nel 2022 al commissariato San Lorenzo, finito in carcere, e un sovrintendente capo. Entrambi sono accusati di essersi appropriati di oltre 70 chili di hashish nel corso di alcune perquisizioni. Altri poliziotti, pur non destinatari di misure cautelari, risultano indagati per aver omesso controlli o agevolato l’attività del sodalizio criminale.
L’inchiesta, ancora in fase preliminare, getta un’ombra pesante sul rapporto tra crimine organizzato e taluni apparati dello Stato, confermando ancora una volta quanto il business della droga sia in grado di corrompere anche le maglie più sensibili del sistema.
Gli inquirenti proseguono con l’analisi dei flussi finanziari e con l’individuazione di eventuali ulteriori complicità, anche nel mondo imprenditoriale. L’obiettivo è smantellare completamente la rete di relazioni e protezioni su cui si è basato, finora, l’impero economico del gruppo.
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