LATINA – Un uomo detenuto presso il carcere di Latina è morto lo scorso 16 luglio. Le cause ufficiali del decesso, al momento, sono ricondotte a un malore, ma la vicenda solleva interrogativi inquietanti sulla condizione dei detenuti e sulle carenze del sistema penitenziario italiano.
“La morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato. Quello che è accaduto a Latina è un grido d’allarme che non può essere ignorato,” ha dichiarato Massimo Costantino, Segretario Generale della Fns Cisl Lazio. Un appello chiaro e diretto, che richiama l’urgenza di affrontare le criticità strutturali del sistema carcerario.
Il sindacalista sottolinea la necessità di “assunzioni straordinarie e di un piano serio per ridurre il sovraffollamento”, suggerendo anche il maggiore utilizzo delle misure alternative per i detenuti con pene residue inferiori ai due anni. “Non possiamo permettere che le carceri diventino luoghi di abbandono e di tragedie annunciate,” aggiunge Costantino.
Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo, sulla cinquantina, era detenuto in una cella singola da circa due settimane. Fonti interne riferiscono che da giorni manifestava comportamenti disturbati, con raptus violenti: si sarebbe persino procurato lesioni mordendo i materassi. Un disagio psichico evidente, segnalato anche da altri detenuti alle guardie carcerarie.
La dinamica della morte resta tuttavia incerta. Si ipotizza che l’uomo possa essere morto per soffocamento, dopo aver ingerito una spugna. Una versione ancora priva di conferme ufficiali, ma che, se verificata, aggraverebbe ulteriormente la percezione di un sistema che non riesce a garantire la tutela della salute, anche mentale, dei reclusi.
Il personale penitenziario è intervenuto, ma ogni tentativo di soccorso si è rivelato inutile: il detenuto è deceduto dopo aver esalato gli ultimi respiri.