Terracina / Operazione Porta Napoletana, revoca della misura per Carocci ed altri sviluppi

TERRACINA, Operazione Porta Napoletana – La difesa ha messo a segno il suo primo punto a favore nell’ambito dell’inchiesta “Porta Napoletana” che, secondo le risultanze investigative dei Carabinieri coordinati dai Pm della Dda di Roma, avrebbe accertato il tentativo del clan Licciardi di Secondigliano di condizionare, attraverso alcune articolazioni presenti sul territorio, il legittimo svolgimento di alcune attività economico-imprenditoriali a Terracina e di aver favorito l’elezione di un consigliere comunale di maggioranza alle amministrative del maggio 2023. Il Gip del Tribunale di Roma Maria Gaspari la scorsa settimana aveva disposto tra i cinque provvedimenti cautelari quello riguardante la sospensione per un anno dall’attività di commercialista del 53enne Roberto Carocci. Il professionista, indagato a piede libero per trasferimento fraudolento di valori, era accusato di aver assicurato all’agente immobiliare Michele Minale, destinatario di un imponente sequestro dei beni da 11 milioni di euro, la correttezza delle procedure fiscali e tributarie funzionali alla sua copertura, facendo in modo che le risorse finanziarie necessarie a pagare le tesse per ciascun immobile transitassero sui conti correnti della figlia Marika Minale, in realtà mera “testa di legno” del padre. Il provvedimento cautelare per Carocci è stato revocato dopo alcune ore dal suo interrogatorio di garanzia del Gip Gaspari perché gli avvocati Gianni Lauretti e Luca Pietricola, hanno dimostrato un’altra versione sui fatti contestati. E cioè che Carocci non è un commercialista non essendo laureato ma di aver conseguito solo il diploma. Carocci al Gip ha spiegato di essere titolare di una ditta individuale che si occupa di elaborare i dati contabili ammettendo però di conoscere da molti anni Minale e la sua famiglia. Carocci avrebbe esclusivamente compilato la dichiarazione dei redditi e gli F24 osservando come i suoi fossero stati consigli finalizzati al pagamento delle tasse. Il Gip Gaspari, davanti ad una mirata memoria difensiva degli avvocati Lauretti e Pietricola, ha dovuto prendere atto, a cinque giorni dalla notifica dei cinque provvedimenti cautelari, come Carocci si fosse limitato a garantire consulenze fiscali per beni già intestati fittiziamente. Lo si evince da un’intercettazione del 13 giugno 2023 – un periodo successivo alla ipotizzata intestazione fittizia dei beni, in cui il professionista di Terracina spiegava a Marika Minale come pagare le rate di mutuo e le tasse per il B&B “Le Scalette”. Il primo in ordine di tempo a comparire davanti il Gip Gaspari Minale è stato il 59enne agente immobiliare Michele Minale, accusato anch’egli di intestazione fittizia di beni acquistati – secondo la Dda – con il danaro sporco della camorra. Il professionista, difeso dall’avvocato Giuseppe Lauretti, ha deciso di parlare anch’egli difendendosi in questi termini: tutti i suoi beni, anche quelli intestati alla compagna e alla figlia, sono frutto della sua attività di intermediazione e compravendita immobiliare respingendo, in considerazione del legame familiare, l’ipotesi accusatoria dell’intestazione fittizia dei beni. Alla domanda circa la sua presunta conoscenza di Patrizia Licciardi e del “dominus” del clan a Terracina, Edoardo Marano, Minale ha osservato di non aver intrattenuto rapporti professionali con i due. Sull’istanza di revoca della detenzione domiciliare per Minale il Gip si è riservato la decisione al termine di questo interrogatorio di garanzia. Quasi in contemporanea nel carcere di Secondigliano compariva (per rogatoria) davanti il Gip del Tribunale di Napoli Giulio Cataldi il principale indagato di “Porta Napoletana”, il 66enne di Eduardo Marano, il cognato del capo clan Gennaro Licciardi avendo sposato la sorella Patrizia. Marano, difeso dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, si è avvalso della facoltà di non rispondere limitandosi a rilasciare spontaneamente una dichiarazione “figlia” di una sentenza di un processo di camorra che l’aveva assolto dall’accusa di aver fatto parte del clan dei Licciardi
C’è molta attesa per il quarto interrogatorio di garanzia in programma martedì davanti la dottoressa Gaspari. E’ atteso l’ormai ex consigliere comunale di Terracina Gavino Di Girolamo, uno dei tre consiglieri comunali eletti (con 226) voti alle amministrative del maggio di due anni e mezzo fa e accusato di aver chiesto un sostegno elettorale a Marano che avrebbe chiesto le giuste protezioni da parte del comune di Terracina per favorire le attività di proprietà o nell’orbita del clan di Secondigliano. Di Gregorio si è affidato all’assistenza legale di Maurizio Forte e potrebbe anch’egli restare in silenzio puntando poi le sue carte difensive in un eventuale ricorso al Riesame. Di Gregorio potrebbe però decidere di parlare con il Gip chiarendo la sua posizione e specificando di non poter più reiterare il reato. Di Gregorio da lunedì – come detto – è un ex consigliere comunale di Terracina accettando, di fatto, la plateale richiesta inoltratagli dal sindaco Francesco Giannetti. Dopo essere stato sospeso dall’incarico (dal Prefetto di Latina Ciaramella) per effetto della legge Severino, il debuttante consigliere comunale ha deciso di dimettersi per potersi meglio difendere dalle pesantissime accuse di scambio elettorale politico-mafioso e tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’ha capito lunedì la politica di Terracina quando è stato ufficializzato l’ordine del giorno del consiglio comunale della terza città della provincia. Nessuna presa d’atto del provvedimento della dottoressa Ciaramella ma addirittura la surroga del primo dei non eletti della lista “Francesco Giannetti sindaco”, Giovanni Erminio Conte. I riflettori dell’aula consiliare martedì saranno puntati esclusivamente sul primo cittadino, invitato dalle pugnaci minoranze di centro sinistra a “chiarire”, dal suo punto importante osservatorio, quanto rilevato nelle chilometriche 118 pagine del decreto cautelare del Gip Gaspari.