Arce / Delitto Serena Mollicone, all’appello bis è già scontro tra le parti

ARCE, Delitto Serena Mollicone – “I giudici della Cassazione hanno dettato un perimetro di criticità che dovranno essere approfondite dalla Corte d’Appello. Credo che sia necessaria una rivalutazione relativa all’attendibilità del brigadiere Santino Tuzi e credo che sia necessario ascoltare il maresciallo Tersigni. Questi sono aspetti determinanti che dovrebbero essere riapprofonditi in questa fase processuale”. Lo ha detto l’avvocato di parte civile l’avvocato Sandro Salera, che insieme ad Anthony Iafrate, rappresenta la sorella di Serena Mollicone.

Gli ultimi 25 anni “hanno pesato molto, soprattutto poi sulla scomparsa di nostro padre Guglielmo ma noi non ci arrendiamo. Papà ci ha sempre detto di non arrenderci e di cercare la verità sulla scomparsa di mia sorella”. Lo ha detto Consuelo Mollicone, sorella di Serena: “Rispetto alla battaglia per la verità portata avanti da mio padre “non è questione di eredità, ma di giustizia – ha aggiunto – Bisogna “cercare la giustizia” per noi e per loro che la meritano e capire “perché Serena è venuta a mancare, quali sono le motivazioni reali – ha sottolineato – Ci saranno altre udienze, noi speriamo che si arrivi finalmente a un punto di maggiore fondatezza, di certezze. Stiamo aspettando la giustizia per Serena, aspettiamo solo questo. Non posso dire se sarò presente sempre, cercherò di farlo, ma il processo è iniziato e andrà avanti, l’importante è questo”.

Significative poi sono state le dichiarazioni rese dalla figlia di Santino Tuzi, Maria, ai numerosissimi cronisti presenti: “La figura di mio padre è centrale, è importante in questo processo, tanto è vero che è stato richiesto più volte dagli avvocati l’accostamento di altri testimoni che vanno a confermare quello che ha detto mio padre. Quindi l’inattendibilità di mio padre, che l’altra parte vuole far credere, potrebbe non essere valida. Io sono nella lista dei testimoni – ha aggiunto – potrei essere ascoltata su una telefonata fatta da mia nonna da casa nostra in caserma. Probabilmente a quella telefonata mio padre ha risposto e così si cristallizza la sua presenza in caserma”.

Uno scontro tra difese e parti civili c’è stato davanti a taccuini e telecamere. “Noi siamo forti della nostra certezza, la completa innocenza dei Mottola. La giustizia in Italia è lenta ma arriva e per i Mottola è già arrivata due volte con nostra soddisfazione”. Lo ha detto l’avvocato Francesco Maria Germani che insieme agli avvocati Mauro Marsella, Fabio Quadrini, Enrico Meta e Piergiorgio Di Giuseppe fa parte della difesa della famiglia Mottola. Ma ad incendiare lo scontro verbale a distanza ci ha pensato il portavoce del collegio difensivo dei tre imputati, il criminologo Carmel Lavorino: “Si chiede l’audizione di alcuni testi che riteniamo inutili dopo che i signori Mottola sono stati assolti al termine dei processi di primo e secondo grado. Purtroppo la sentenza di quest’ultimo giudizio andava scritta meglio. Se così fosse stato, la Cassazione non avrebbe disposto un secondo processo d’appello”.

Non si è fatta attendere la replica di uno dei legali di parte civile, l’avvocato Sandro Salera: “Sono abbastanza sorpreso dalle richieste della difesa, lo dico con rispetto, perché si tende a non voler ascoltare il maresciallo Tersigni e a non acquisire l’intercettazione di Da Fonseca quando, con una chiarezza assoluta, nelle ultime 20 righe della motivazione della Cassazione, queste due mancanze sono state individuate dalla suprema corte proprio come motivi di nullità della sentenza della Corte d’Appello di Roma. Posso comprendere le difese che cercano di trovare ogni mezzo, ma su questo penso ci sia una irricevibilità, perché queste sono le precise richieste della Corte di Cassazione che non ritengo possano essere disattese”.

Una curiosità: alla prima udienza del processo di Appello Bis sull’omicidio di Serena Mollicone in aula c’era anche la mamma di Pamela Mastropietro, la ragazza di 18 anni uccisa nel 2008 a Macerata. “Sono qui a sostegno della famiglia di Serena Mollicone”, ha detto Alessandra Verni, che recentemente ha promosso la creazione di una rete associativa tra le famiglie delle vittime di violenza e femminicidio che si propone di dialogare con il Parlamento per pene più stringenti. In aula hanno presenziato, infine, anche alcune donne di Telefono Rosa Frosinone, che indossavano una maglia con su scritto ‘Stop violenza sulle donne’.