LENOLA – A pochi giorni dall’inaugurazione del Polo Multimediale Pietro Ingrao, il figlio Guido ha rilasciato una breve dichiarazione per ricordare alcuni tratti dello statista. Sabato 8 novembre a Lenola, in località Passignano, sarà scoperto il velo non su una serie di polverosi cimeli, ma su un luogo che aspira a diventare centro di dibattito e di confronto, come lo è stata tutta la vita di Ingrao. Gli spunti li ha dati proprio Lui, nella sua lunga carriera, politica ed ha continuato anche dopo aver lasciato gli incarichi ufficiali a darli. Attualissimo è ad esempio il suo modo di interrogare i giovani, di invitarli all’impegno politico, piuttosto che all’Aventino. Altrettanto attualissime sono le sue proposte di riforma costituzionale. Ingrao guardava lontano, ad un mondo senza guerre e percepiva da vicino il pericolo nucleare. “La pace si prepara con la Pace”, è il suo messaggio lasciato in eredità e mai, drammaticamente, ascoltato fino in fondo. La cerimonia di apertura è fissata per le 15 e 30. Sono previsti gli interventi di Guido Ingrao, Marrigo Rosato, promotore e curatore del Polo, Goffredo Bettini e del sindaco di Lenola Fernando Magnafico. Di seguito riportiamo il pensiero di Guido Ingrao.
“Sono passati dieci anni da quando papà ci ha lasciato e da allora continua a mancarci molto. Negli ultimi anni della sua lunga vita le forze si erano ridotte ma non rinunciava a cercare un rapporto con quelli che lo sostenevano o lo venivano a trovare. Coltivava testardamente quell’interesse per l’umano, da sempre al centro della sua esistenza ed esperienza. Nel dialogo e nell’approccio con l’altro per prima veniva la domanda: chi sei, da dove vieni, di cosa ti occupi, cosa ti interessa, cosa fai per coltivare le tue aspirazioni?
La curiosità, che dalle persone trasponeva a letteratura, poesia, cinema, musica, arti figurative, sport, era sete di conoscenza e bisogno di complementarietà: mi definisco e sono in quanto interagisco con gli altri, ne cerco l’essenza, il succo, per tracciare un percorso comune o individuare diversità, senza pregiudizio e sufficienza. Questo modo di essere e di sentire ha pervaso tutta la sua storia e milizia politica.
Dal cimento poetico giovanile, alla ribellione al fascismo, maturata con i professori, Gesmundo e Albertelli, poi trucidati alle Fosse Ardeatine e gli amici coetanei del Centro Sperimentale di Cinematografia, alla lotta clandestina, che dalla capitale lo portò ad attraversare l’Italia intera.
I racconti che da bambino papà mi faceva di quella lotta erano pieni di storie (vere) e di personaggi, sempre parte di un noi declinato da volti e caratteri diversi.
Anche la stagione del dopoguerra che lo ha visto protagonista della rinascita del paese, è stata plurale, la stessa adesione al Partito Comunista Italiano, di cui pure nel corso del tempo ha riconosciuto limiti ed eccessi dogmatici, nasceva dal bisogno di sentirsi parte di una comunità che si batteva per il riscatto dei lavoratori in difesa dei più deboli, in un confronto attento e serrato con le altre forze che avevano contribuito a liberare l’Italia dal nazifascismo: socialisti, laici e cattolici popolari.
Il suo non è stato certo un percorso semplice e privo di ostacoli, sia sul fronte esterno, si pensi alla stagione del centrismo, delle scomuniche e delle manganellate in piazza, che su quello interno, come quando nel 1966 all’XI congresso del P.C.I. la sua pubblica dichiarazione di dissenso dalla linea ufficiale del partito gli costò la dura critica e l’ostracismo dell’intero gruppo dirigente.
Eppure, senza mai rinunciare alla radicalità delle sue convinzioni ma anche capace di autocritica e dubbio, è stato uomo di ascolto, di dialogo, di frontiera.
Questa prerogativa lo ha guidato anche quando nel 1976 divenne Presidente della Camera dei Deputati.
La tenacia e il rigore dimostrati in quella difficile prova, vissuta fra l’aggressione terroristica, trame oscure volte a destabilizzare lo stato, l’inizio della crisi dei grandi partiti, non gli hanno impedito di continuare a cercare ed ascoltare le tante voci che si levavano dentro al Parlamento e nel paese.
Conscio del proprio ruolo istituzionale di super partes, che lo poneva al di fuori dell’agone politico, si attivò per attualizzare, semplificare e far evolvere nel senso di una maggiore efficienza ed efficacia, le complesse regole del “bicameralismo perfetto”.
Quell’esperienza durò solo un triennio e si concluse con frutti troppo acerbi sul piano delle riforme istituzionali e dell’innovazione, inadeguati alla gravità dei processi in atto, che lo portarono, non senza polemiche, a non accettare un secondo mandato.
Tuttavia il suo operato sullo scranno più alto di Montecitorio ha lasciato un segno profondo, per il rispetto della carica e dell’istituzione e per l’imparzialità e la collegialità del suo indirizzo e ha raccolto un riconoscimento unanime, anche da parte di chi era su posizioni politiche antitetiche alle sue.
Negli anni che seguirono la ricerca andò avanti, da presidente del Centro Studi per la Riforma dello Stato riunì intorno a se e mise a confronto le migliori competenze fra giuristi, costituzionalisti, storici, sociologi e persino filosofi, per cercare di rispondere alla domanda del complesso rapporto fra governanti e governati nella società contemporanea.
Avanzavano questioni impetuose ed inedite, la mondializzazione dell’economia, oggi globalizzazione, l’interdipendenza degli stati nazionali, l’emergere dei tanti diritti soggettivi e questo obbligava a definire nuove gerarchie di poteri, forme multiple di rappresentanza, auto riforma di partiti e sindacati.
E’ del 1985 la sua proposta di un governo costituente, un nuovo patto repubblicano fra le forze politiche che avevano liberato l’Italia nel ‘45, per riscrivere le regole necessarie ad ammodernare la Costituzione nelle sue parti meno efficaci, senza sottrarre peso e valore al Parlamento a vantaggio dell’esecutivo.
Quella sfida non venne compresa e raccolta e quei problemi oggi sono ancora lì, quasi immutati dopo un quarantennio, nonostante un grave e inevitabile decadimento della partecipazione alla vita democratica, testimoniato dalla costante riduzione del numero dei votanti.
Il ricordo e la riflessione potrebbero andare avanti ancora a lungo per individuare l’eredità e l’attualità del pensiero politico e dell’esperienza umana che papà ci ha lasciato, ma voglio richiamare due questioni cruciali della sua elaborazione e del suo insegnamento.
La prima, quella della pace, del ripudio della guerra nel solco del dettato costituzionale e della strenua lotta al riarmo nel tempo del pericolo nucleare, ha caratterizzato la parte finale della sua vita.
Era incredulo e sgomento nel sentire che la soluzione bellica potesse essere nuovamente contemplata fra quelle in grado di risolvere le controversie e i conflitti internazionali.
“La pace si prepara con la pace” ribadiva incessantemente e in questi anni di tragiche guerre quel monito non può certo essere dimenticato o sottaciuto.
La seconda è un invito rivolto ai giovani a prendere parte attiva alla vita democratica, tratto da “Non mi avete convinto”, il documentario sulla sua vita realizzato quando papà aveva già 97 anni.
“Mi chiamo Pietro Ingrao e dobbiamo discutere del rapporto fra i giovani e la politica. Probabilmente la politica non si occupa abbastanza di quello che pensate voi, non siete voi che vi fate sentire troppo poco? Che c’è che non va secondo voi? V’occupate abbastanza dei vostri tempi? Ma secondo voi la politica a che cosa dovrebbe servire e a che cosa dovrebbe servire a voi? Dovete ribellarvi, strillate, non siete troppo timidi voi? Se i partiti che ci sono adesso non vanno bene e vabbè, ponetevi il problema di fondare voi un partito che vada bene, ma non potete rinunciare! Ma insomma questo mondo vi piace o non vi piace? Ma valli a capire sti ragazzi che c’hanno nella testa…”
Questo dialogo, che non riesco a datare, è tuttavia molto simile a quello avuto con me quando ero giovane e dopo con i miei figli e i suoi tanti nipoti.
Resta un’eco profonda di questa esortazione, che spero possa risuonare anche nel nuovo spazio a lui dedicato che si apre nella sua terra natia”.
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