FORMIA, GIANOLA – Circa duecento persone hanno assistito venerdì all’apertura straordinaria dei cancelli che preservano a la Villa romana di Mamurra, all’interno dei quali si trova il cantiere di scavo della chiesetta di epoca altomedievale. I formiani avevano sete di conoscere direttamente i risultati della campagna, ma anche di capire se ci sarà un seguito. La risposta a questa seconda domanda è arrivata dal commissario dell’ente parco Riviera d’Ulisse Massimo Giovanchelli, che ha messo insieme diversi enti per proseguire il lavoro portato avanti negli anni passati dalle funzionarie Bellini e Cassieri ed assicurato il budget per questa prima fase che si è svolta tra maggio e giugno. Su sua sollecitazione il sindaco di Formia Gianluca Taddeo ha dichiarato pubblicamente che intende finanziare una seconda campagna a ottobre e trovare le risorse per andare anche oltre.
“Questo ritrovamento che si aggiunge al nostro patrimonio archeologico parte da decine di anni di lavori – ha detto il sindaco Taddeo. L’ho apprezzato e lo apprezzo ancora, perché tutto quello che si aggiunge alla ricchezza del territorio bisogna sempre valorizzarlo. C’è questa collaborazione con il parco. Vediamo come poterla incanalare per proseguire oltre la campagna di ottobre, perché credo che valorizzare questa zona è importantissimo”.
“Ho avuto l’opportunità di incontrare il sindaco ad una manifestazione presso l’ospedale, solo un’ora dopo che avevo fatto la richiesta tramite pec, – ha aggiunto Giovanchelli – e mi ha risposto subito che la cosa si fa. È una cosa che ci sta contagiando tutti, perché stiamo capendo l’importanza di riappropriarci della nostra storia e delle nostre tradizioni, dei nostri luoghi, per conoscere di più, anche sotto l’aspetto tecnico. Lo ringraziamo per averci dato la possibilità di proseguire questo scavo ad ottobre, che senz’altro darà nuove informazioni”.
La campagna appena conclusa ha permesso di allargare l’orizzonte temporale della datazione. Infatti sulla parete dietro l’affresco con i calzari ritrovato e che può farsi risalire al X secolo, ci sono altri strati che potrebbero risalire ad epoche precedenti. Ci sono poi altre testimonianze come elementi ceramici che testimoniano la vitalità del territorio ed il commercio con aree lontane del mediterraneo. Molto interesse hanno suscitato anche le quattro sepolture, due all’interno della navata centrale di mezza età e due, di bambini all’esterno. In particolare uno dei corpi ritrovati all’interno è stato ritrovato in posizione prona e si sta studiando per capire il significato di questa strana sepoltura.
I corpi dei bambini potrebbero risalire anche al 1800, il che testimonia l’utilizzo del sito, ormai in fase di abbandono come testimoniato da alcuni crolli, anche in quel periodo. L’orizzonte temporale in cui l’area della chiesetta ha fatto registrare presenze umana, come emerge dalle indagini dei team di archeologi e restauratori guidati dal professor Federico Marrazzi dell’università Sant’Orsola Benincasa e del professor Cesare Crova, dell’Istituto centrale italiano per il restauro è dunque millenario. La vita continuò nell’area della villa di Mamurra con un nuovo manufatto, il cui uso iniziale in epoca altomedievale, che ancora non è stato chiarito definitivamente, potrebbe essere stato a servizio della comunità locale o, invece, ospitare una confraternita di monaci. Soddisfazione per i risultati raggiunti ed un incoraggiamento ad andare avanti sono stati espressi dal sovrintendente Alessandro Betori e dal direttore dell’istituto Centrale per il restauro Luigi Oliva.
Gli ulteriori scavi in programma ad ottobre potrebbero chiarire proprio questo aspetto. Eventuali nuove sepolture all’esterno della chiesetta, dove continueranno gli scavi, potrebbero infatti sciogliere dubbi sorti dalla mancanza assoluta di riferimenti storici. Se infatti sotto l’affresco con i calzari è stata ritrovata una scritta che verosimilmente fa riferimento all’Ipata Giovanni, non vi è alcun manoscritto o carta topografica che contenga tracce dell’esistenza del sito, nemmeno nei 648 documenti del Codex diplomaticus Cajetanus custoditi presso l’abbazia di Monte Cassino. Il mistero continua.