ALATRI / Omicidio Bricca, la procura di Frosinone ricorre in appello

ALATRI – Roberto e Mattia Toson, padre e figlio condannati con la sentenza di primo grado rispettivamente all’ergastolo e a 24 anni di reclusione per l’omicidio – avvenuto il 30 gennaio 2023 – di Thomas Bricca nel centro storico di Alatri, devono essere avere un diverso e peggiore trattamento dalla Corte d’assise d’appello quando, in autunno, si celebrerà il processo di secondo grado: devono essere condannati entrambi al carcere a vita. Lo si legge nel durissimo ricorso che il sostituto procuratore Rossella Ricca ha presentato contro l’esito del processo di primo grado terminato davanti la Corte di Assise di Frosinone presieduta dal giudice Francesco Paolo Mancini.

In sintesi la Procura di Frosinone contesta il riconoscimento delle attenuanti generiche concesse a Mattia (25 anni) per via della sua giovane età e della fedina penale pulita (incensurato). La difesa, invece, punta all’assoluzione o, in subordine ad un ridimensionamento della pena attraverso la derubricazione da omicidio volontario a preterintenzionale, o colposo. Con questa tesi difensiva: i colpi esplosi contro Thomas (19 anni) in sella ad uno scooter di grossa cilindrata in transito al “Girone” di Alatri, non puntavano ad uccidere, ma solo ad intimidire il povero Thomas considerandolo per errore partecipante ad una rissa scoppiata nel centro storico tra i due Tomas ed alcuni giovani egiziani. Molto probabilmente, il bersaglio non era Thomas, bensì un suo amico che gli era accanto (Omar Haoudi, che indossava un giubbotto bianco come la vittima). “Thomas – ha sottolineato il pm nel suo chilometrico ricorso in appello – ha avuto come unica colpa quella di trovarsi a chiacchierare con gli amici. Poco prima aveva salutato la madre e non è più tornato”.

Chiedendo l’ergastolo per padre e figlio, la dottoressa Ricca ricostruisce nel suo ricorso la dinamica del delitto. A suo dire, a sparare sarebbe stato Mattia Toson, 23 anni, giunto in via Liberio sul sedile posteriore di uno scooter T-max, condotto dal padre Roberto, 50 anni (entrambi indossavano un casco integrale). Il movente dell’azione omicidiaria – come detto – sarebbe riconducibile a due risse scoppiate ad Alatri nei due giorni precedenti all’omicidio. In sostanza bisognava marcare il territorio per stabilire la supremazia su Alatri. E qui – insiste il pm – entra in gioco la deposizione dell’ex fidanzata, di Mattia, Beatrice Coccia, che, nel momento dell’agguato, era a casa ad aspettare il ragazzo per andare a una cena di compleanno a Veroli. Era stata proprio la giovane, interrogata dai carabinieri, a riferire che , quando Mattia arrivò – in ritardo – e si misero in viaggio per raggiungere un agriturismo a Veroli, sentiva strani rumori nel bagagliaio. Giunti al ristorante appurò che si trattava di un casco di cui chiese spiegazioni al fidanzato il quale, oltre a non fornire una delucidazione plausibile, lo fece sparire tanto che al ritorno a casa (dopo la cena) quel rumore era sparito.

La Procura ha motivato la sua richiesta ricordando come in un video registrato in caserma, la nonna di Mattia, prima di essere interrogata dai carabinieri, riferì al marito: “È stato lui”. Del tutto strano, poi – ha ricordato l’accusa – che il sistema di videosorveglianza di cui era dotata la casa dei nonni, e in cui viveva Roberto, proprio quella sera è andato in tilt, al punto che le immagini sono andate distrutte. Sulla piena volontà di uccidere, si era già pronunciato l’avvocato Nicola Ottaviani (che rappresentava la madre della vittima): “Se non volevano uccidere – ha rimarcato il legale – non avrebbero indossato i caschi integrali e non avrebbero spento i cellulari per oltre un’ora per rendersi irreperibili”. I Legali difensori dei due Toson, gli avvocati Umberto Pappadia e Angelo Testa, avevano chiesto alla Corte d’assise di Frosinone una sentenza di assoluzione o, in subordine, derubricare la contestazione da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale o colposo, oppure ancora, togliendo le aggravanti contestate, di ottenere lo sconto di pena previsto per il rito abbreviato. Il processo d’appello – secondo le parti civili – deve celebrarsi subito: la Corte d’assise d’appello dovrà tener conto dei termini di custodia cautelare che scadranno il prossimo giugno.