FORMIA, Arcidiocesi di Gaeta – Concretezza, relazioni e speranza e, poi, un segno di gratitudine e di fiducia all’intera Chiesa del Golfo per aver essere protagonista da anni di un impegnativo ma riuscito cammino sinodale. Una lettera che sa di concretezza, di relazioni e di speranza: tre parole che tornano spesso e che disegnano la forma della Chiesa che insieme stiamo cercando di essere. Dopo gli anni intensi del Cammino sinodale, questa Lettera nasce come segno di gratitudine e di fiducia. S’intitola “Le nostre comunità, case di pace e di futuro” l’ultima lettera pastorale, la quinta da quando guida la Chiesa del Golfo, di Monsignor Luigi Vari. L’Arcivescovo di Gaeta l’ha presentata mercoledì sera presso la chiesa parrocchiale del Cuore immacolato di Maria nel villaggio Don Bosco nell’ambito di un ciclo di incontri inaugurato la scorsa settimana presso la chiesa di San Giovanni alla presenza, prestigiosa, dell’Arcivescovo di Torino, il Cardinale Roberto Repole. E Monsignor Vari ha voluto innanzitutto illustrare, effettuare una sorta di esegesi sull’immagine che inaugura la sua ultima lettera pastorale dopo quelle pubblicate nel 2017 (“E lasciato il mantello lo seguiva sulla strada”), nel 2019 (“Come Itaca, quello che abbiamo creduto è accaduto”), nel 2021 (“Tu crea, ci crediamo che possiamo costruire una casa?”) e nel 2023 (“Pescatore di luce, Signore insegnaci a pregare”). Un ghiacciaio è alimentato dalla neve, dal freddo e dal tempo, tre elementi che da soli sono insufficienti ma insieme danno vita a qualcosa di stabile e di duraturo. E’ questa la Chiesa che, anche a livello locale, non deve essere una gara di velocità ma una maratona da percorrere con “pazienza, costanza ed amore”. Monsignor Vari è stato sin troppo chiaro quando ha chiarito coloro che devono essere i destinatari, non i soli “addetti ai lavori” ma le parrocchie nella loro completezza, i gruppi e soprattutto le famiglie. L’arcivescovo di Gaeta si è dichiarato “grato” per la capacità della chiesa del sud pontino di aver avviato e percorso un cammino sinodale che ha avuto bisogna di fiducia, di tanta fiducia, sapendosi alimentare non dalla neve (che forma un ghiacciaio) ma dalle “tante esperienze quotidiane di bene che si compiono nei territori, nelle parrocchie e nelle stesse famiglie”. “Le nostre comunità, case di pace e di futuro” ha una fonte d’ispirazione, sul piano biblico e teologico, ben precisa: gli Atti degli Apostoli. E’ un testo importante del nuovo testamento che affronta le insidie ma anche la bellezza di una comunità che, viva, concreta e fiducia, deve essere il sinonimo di una Chiesa che “si raduna, prega, condivide, spezza il pane e cresce nella letizia del cuore”. Insomma l’’io’ deve fare spazio al “noi” che, attraverso la fede, deve permettere – ha spiegato l’Arcivescovo di Gaeta – alle parrocchie di essere e diventare “case di responsabilità, di relazioni e di pace”, case in cui si pensa e si ascolta, si cura la Parola e le parole e si coltiva la fiducia, si impara a vivere da adulti nella fede. Per Monsignor Vari le “case di pace e di futuro” devono essere in grado di far respirare speranza anche quando tutto afferma il contrario. La stessa pace non deve considerata un concetto astratto o, peggio, utopico: è fatta di gesti, di relazioni, di scelte quotidiane, di comunità che diventano segni concreti di Vangelo. Tutto ciò non deve avvenire tra le mura di una chiesa ma nei territori e nel mondo con i suoi drammi e le sue bellezze. della storia. Lo stesso Monsignor Vari scrive come le stesse comunità possano e debbano fare di più per la giustizia, per la custodia del creato, per la pace e la solidarietà, ambiti attraverso i quali (e grazie alla fede) si possono leggere i segni dei tempi e portare nel mondo una parola di luce. La quinta lettera pastorale di Monsignor Vari si rivolge soprattutto “ai giovani e ai ragazzi” . Perché? La Chiesa non è considerata qualcosa “per dopo”, ma è adesso. I giovani non sono solo il futuro, ma il presente di una Chiesa viva, e devono sentirsi protagonisti, coinvolti, ascoltati. Ma i destinatari sono un po’ tutti: i sacerdoti, i consacrati, i religiosi e le religiose, i laici, i catechisti, i volontari, gli operatori pastorali, “a chi ogni giorno — spesso in silenzio — tiene accesa la luce di una parrocchia, di un oratorio, di una Caritas, di una celebrazione feriale”. La stessa lettera considera il Vangelo “una promessa di futuro e la comunità cristiana è il luogo dove questa promessa si compie, giorno dopo giorno. “Costruire comunità, case di pace e di futuro” — conclude l’arcivescovo — è la via per vivere la fede nel nostro tempo. È il cammino di una Chiesa che vuole stare accanto a ogni persona “che non si chiude, che non si stanca di sperare”. Il ciclo degli incontri itineranti della quinta lettera pastorale di Vari proseguirà nel febbraio 2026 con lo svolgimento di specifici laboratori foraniali ed il 26 maggio prossimo in occasione della Veglia di Pentacoste.