Minturno / Violenza sessuale su una ragazzina di 10 anni, la procura generale ricorre in appello

MINTURNO – Era stato assolto lo scorso 25 marzo perché il fatto non sussiste. E l’ipotesi accusatoria era pesante come un macigno: violenza sessuale sulla figlia della compagna del padre, minorenne (meno di dieci anni) all’epoca della turpe vicenda. La sentenza di assoluzione di un 35enne di Minturno del Tribunale di Cassino è stata ora impugnata dalla Procura presso la Corte d’Appello dopo che la stessa Procura di piazza Labriola aveva insistito chiedendo una pesante condanna ai danni dell’uomo alla luce del contenuto di un’informativa dei carabinieri di Poggio Renatico, in provincia di Ferrara, dove la ragazzina abitava con la madre al momento della denuncia dopo aver lasciato Minturno. La denuncia arrivò a distanza di nove anni dalle violenze, supportata dall’assistenza psicologica della scuola frequentata dalla ragazzina e dalle conclusioni di un neuropsichiatra. Il Tribunale di Cassino assolse lo scorso marzo il 35enne di Minturno perché – a suo dire – il racconto della minorenne era stato privo di specificità relativamente al tempo e allo spazio degli episodi denunciati e anche la tardività – o presunta tale – delle dichiarazioni rese dalla vittima agli inquirenti. Più specificatamente il 35enne venne assolto perché la “descrizione fornita dalla parte offesa appariva generica e poco circostanziata ‘ essendosi la dichiarante limitata ad asserire, peraltro in modo scarno e privo di dettagli, piuttosto che a descrivere i tempi, le modalità e i dettagli degli episodi contestati”.

Il caso – secondo la Procura generale presso la Corte d’Appello – può essere riaperto. La ragazza quando fu interrogata in un incidente probatorio aveva sedici anni e quindi erano passati sette anni dalle violenze non nove – come riporta la sentenza – intervenuta infatti due anni dopo. La stessa vittima era capace di distinguere il vero dal falso e collocò “adeguatamente” i tempi, nonostante fosse evidente “una sofferenza psicologica originata dall’assenza di una figura paterna nella sua intera vita e di una figura materna che ha presentato e presenta evidenti difficoltà a svolgere il suo ruolo genitoriale; ma questo non danneggiato la funzione riflessiva e l’esame della realtà da parte” della stessa vittima. In effetti quest’ultima cominciò a rendere le prime dichiarazioni nella scuola di Poggio Renatico che frequentava. E fu un fiume in piena raccontando cosa sarebbe avvenuto presso l’abitazione del compagno della madre. La frequentava anche l’imputato che cominciò ad avere con lei atteggiamenti molto intimi e, approfittando dell’assenza degli adulti. le avrebbe usato violenza nonostante lei piangesse. Vennero informati sia la madre che il suo compagno, il padre dell’imputato, ma entrambi minimizzarono sostenendo che si fosse trattato di uno scherzo o il frutto di immaginazione della ragazzina. Per la Procura generale la vittima ha riferito soltanto la verità